venerdì 28 febbraio 2014

Tu chiamale se vuoi "innovazioni"...

La Calabria del NCD e del PD, dopo avere accusato il duro colpo della nomina a Ministro dell'outsider Lanzetta, si rifà la bocca con la nomina dei sottosegretari con l'indicazione di due colonne della tradizione calabrese al governo: TONINO GENTILE e MARCO MINNITI.

44...

Nella cantina di un palazzone tutti i gattini con Renzi padrone,
organizzarono una riunione per precisare la situazione.
44 gatti
in fila 6 con il resto di due
si unirono compatti.
Loro chiedevano a tutti i bambini
che sono amici di tutti i gattini
un pasto al giorno e all'occasione
poter dormire sulle poltrone...

Marco Minniti; Tonino Gentile



PCI, PDS, DS, PSE...

Agli amici ex pci, pds, ds che oggi si domandando perchè solo oggi nel Pse: semplicemente perchè se governi e sei di sinistra e vuoi continuare a sopravvivere devi fare cose di destra, e viceversa. Cosí hanno fatto per venti anni D'Alema, Migliavaca, Veltroni, Bersani: ahnno venduto l'anima di un partito laico e di sinistra, a preti e a sagrestani pur di stare alla guida del partito e nei posti chiave dei governi nazionali e regionali. Oggi con Renzi al governo e al partito, si gioca a parti invertite e quindi si può anche entrare nel PSE. Del resto in Italia il Socialismo reale lo hanno realizzato i governi democristiani.

giovedì 27 febbraio 2014

L'alibi dell'obiezione di coscienza

Con l'alibi dell'obiezione di coscienza, in realtà dirottano le donne negli studi privati, dove si sa, l'IVG é fuori legge.





ROMA - Il cartello è scritto a penna, a volte su un pezzo di cartone. "Qui non si effettuano più Ivg". Ossia interruzioni volontarie di gravidanza. Aborti cioè. Porte sbarrate, reparti chiusi, day after di qualcosa che c'era, funzionava, e adesso è in disuso, smantellato, abbandonato. "Tutti i medici sono obiettori di coscienza, vada altrove". Altrove è l'Italia che torna alla clandestinità: da Nord a Sud in intere regioni l'aborto legale è stato cancellato, oltre l'80% dei ginecologi, e oltre il 50% di anestesisti e infermieri non applica più la legge 194. Accade a Roma, a Napoli, a Bari, a Milano, a Palermo. Le donne respinte dalle istituzioni tornano al silenzio e al segreto, come quarant'anni fa. Alcune muoiono, altre diventano sterili, ma nessuno ne parla. Ventimila gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, quarantamila, forse cinquantamila quelli reali. Settantacinquemila gli aborti spontanei nel 2011 dichiarati dall'Istat, ma un terzo di questi frutto probabilmente di interventi "casalinghi" finiti male. Cliniche fuorilegge, contrabbando di farmaci: sul corpo delle donne è tornato a fiorire l'antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato.

Ma chi gestisce oggi questo "commercio" ramificato? Quali sono le rotte dell'aborto clandestino, che sta facendo ripiombare il nostro paese nel clima cupo degli anni antecedenti al 22 maggio 1978, quando finalmente in Italia l'interruzione volontaria di gravidanza diventò legale? E gli aborti iniziarono a diminuire, arrivando oggi ad essere il 53,3% in meno rispetto agli anni Ottanta.

CLINICHE E CONTRABBANDO. Ambulatori fuorilegge: l'ultimo gestito dalla mafia cinese è stato smantellato a Padova dalla Guardia di Finanza alcune settimane fa, e incassava quattromila euro al giorno. Tra i clienti anche donne italiane. E poi sequestri, spaccio di farmaci abortivi, confezioni di Ru486 di contrabbando, 188 procedimenti penali aperti nell'ultimo anno per violazione della legge 194, spesso contro insospettabili professionisti che agivano nei loro studi medici. Donne che ricominciano a morire di setticemia, e donne che migrano da una regione all'altra cercando (spesso invano) quei reparti che ancora garantiscono l'interruzione volontaria di gravidanza. Ragazzine e immigrate che vagano nei corridoi del metrò cercando i blister di un farmaco per l'ulcera a base di "misoprostolo" che preso in dosi massicce provoca l'interruzione di gravidanza, spacciato dalle gang sudamericane che lo fanno arrivare nel porto di Genova dagli Stati Uniti. Dieci pillole, 100 euro al mercato nero, meno della metà se si compra su Internet. E le giovanissime abortiscono da sole, nel bagno di casa, perché della legge o del giudice tutelare non sanno nulla, perché in ospedale la lista d'attesa è troppo lunga e i consultori sono sempre di meno. (Dal 2007 al 2010 ne sono stati tagliati quasi 300).

Alem ad esempio, 17 anni, nata Italia da genitori egiziani, brava e brillante a scuola, ricoverata in coma a Verona per un aborto provocato con un uncino. "Non volevo che i miei genitori si accorgessero che ero incinta  -  ha raccontato  -  e in ospedale non mi hanno voluto perché ero minorenne...". O Irene, cresciuta tra le Vele di Scampia, già baby mamma a 14 anni, che a 16 anni abortisce nel bagno di casa, ma sbaglia dosi di misoprostolo, e finisce in un grande nosocomio di Napoli tra la vita e la morte. "Sono troppo povera per avere un altro figlio" confessa ai medici. O, ancora, ed è sempre Sud, la povera storia della compravendita di un neonato architettata da un ginecologo di Caserta, Andrea Cozzolino, finito in manette l'8 maggio scorso. Aveva convinto una giovane donna minorenne che si era rivolta a lui per un aborto clandestino, a partorire, e poi vendere il suo bambino per 25mila euro...

La percentuale di successo di questi solitari aborti, quasi sempre farmacologici e di cui si trovano dettagliate istruzioni in Rete, è alta: oltre il 90%, ma chi sbaglia rischia la vita. Commenta amaro il ginecologo Carlo Flamigni: "Contro la 194 c'è una congiura del silenzio. Accedere ai servizi è sempre più difficile, una corsa a ostacoli, e le donne meno esperte, le più fragili, le più giovani, le straniere, finiscono nella trappola dell'illegalità. Credo che oggi nel mercato clandestino si trovi qualunque farmaco, addirittura la Ru486. È una sconfitta per tutti, perché la legge funzionava, e funzionava bene".

MORIRE D'ABORTO. Pilar ha 50 anni, il cuore grande e le braccia forti. In Perù faceva l'ostetrica, qui assiste da oltre vent'anni le donne migranti. "Ma vent'anni fa  -  racconta  -  nel vostro paese si poteva abortire con sicurezza, e quando le donne venivano dimesse si insegnava loro la contraccezione". "L'ultima che ho accompagnato in ospedale mi ha detto di chiamarsi Soledad, di lei so poco altro, se non che fa la badante e ha già due figli in Ecuador. Per due volte aveva provato a cercare un reparto di Ivg, dopo aver scoperto che in Italia l'aborto è legale. Per due volte l'hanno rimandata indietro dicendole che non era il giorno giusto, che non c'erano i medici. Così ha fatto da sola  -  rivela Pilar  -  con le pasticche che ha comprato da un'amica, e quando mi ha chiamato aveva la febbre altissima e un'emorragia in corso. L'hanno salvata, non è stata denunciata, ma per mesi era così debole che non ha potuto lavorare, ha perso il posto di badante, e ora è disoccupata". E non è soltanto questione di donne immigrate. "L'aborto clandestino ormai riguarda tutti i ceti della società", aggiunge Silvana Agatone, ginecologa e presidente della Laiga, la lega italiana per l'applicazione della 194, che da anni denuncia l'incredibile dilagare dell'obiezione di coscienza nel nostro paese.

"Ci sono gli aborti d'oro, quelli dei ceti elevati, che si svolgono in sicurezza negli studi medici, oppure all'estero. E poi ci sono gli aborti delle donne povere, delle clandestine, che comprano le pasticche nei corridoi del metrò, e se qualcosa va male si presentano al Pronto Soccorso affermando di aver avuto un aborto spontaneo". Qualcuna si salva, qualcuna no. Come quella donna nigeriana che arrivò "con una gravissima infezione nel nostro ospedale ed è morta di setticemia" ricorda Silvana Agatone, che lavora al "San Giovanni" di Roma. È andata meglio a Mariangela, pugliese, che non sapendo più dove andare dopo la chiusura dell'ultimo reparto di Ivg nella sua provincia (Matera) racconta sul forum "aborto-blogspot" di essersi rivolta grazie al tam tam ad una (stimata) ginecologa di un paese vicino. "Duemilacinquecento euro, intervento chirurgico sterile e sicuro. Come facevano mia madre e mia nonna, ma senza rischi. Tutto molto triste però, credevo che ormai avessimo diritto all'aborto legale".

LA FUGA ALL'ESTERO. Ma come si è arrivati a questo smantellamento progressivo di una legge dello Stato? È legale che interi nosocomi non abbiano più medici che applicano la 194, a trentacinque anni esatti dalla sua approvazione? "No, non è legale, e infatti come Laiga abbiamo fatto ricorso al Consiglio d'Europa, e il nostro ricorso è stato accolto. La verità è che nessuno vuole più fare aborti perché si viene discriminati nella carriera e obbligati a fare solo e soltanto quelli". Alcuni dati: nel Lazio il 91% dei ginecologi è obiettore di coscienza, a Bari gli ultimi due medici che facevano gli aborti hanno deciso di abbandonare il reparto, a Napoli il servizio viene assicurato soltanto da un ospedale in tutta la città, in Sicilia il tasso di astensione dalla 194 è dell'80,6%. "Questo vuol dire che le liste d'attesa sono spaventose, e il rischio è superare il numero di settimane di gravidanza in cui è consentita l'interruzione. Ma la vera tragedia riguarda l'aborto terapeutico  -  conclude Silvana Agatone  -  perché si tratta di un intervento a tutti gli effetti, per cui sono necessari medici interni all'ospedale, ginecologo, anestesista, infermieri, e non si può supplire con professionisti a contratto. Visti però i numeri dell'obiezione di coscienza è evidente che in tempi molto brevi nelle strutture pubbliche italiane questo tipo di aborti non si faranno più".

E allora le donne emigrano. Svizzera, Inghilterra, Francia. Quattrocento euro per una Ivg entro il terzo mese, circa 3000 per un aborto terapeutico (oltre la 22esima settimana) in clinica. Ma non tutte possono andare all'estero, e per quelle che restano la prospettiva è un calvario fatto di umiliazioni, e veri e propri maltrattamenti in ospedale. Scrive Serena F. che ha dovuto abortire alla 23sima settimana per gravissime malformazioni del feto: "Mi hanno abbandonato da sola, su un lettino, per 15 ore di travaglio senza darmi né antidolorifici né altro, in tutto l'ospedale c'era soltanto una giovane ginecologa non obiettrice, ma era sovraccarica di lavoro, così mi ha affidato, si fa per dire, alle cure di due infermiere, ho chiesto ripetutamente un po' d'acqua, me l'hanno portata dopo ore e ore. Quando alla fine il mio disgraziatissimo bambino è nato, ed è morto subito dopo, una delle infermiere a bassa voce mi ha chiesto se non mi vergognavo di quello che avevo fatto... La ginecologa l'ha sentita e si è infuriata, quella ha risposto, è finita ad urli. Un dolore pazzesco. Ecco così si abortisce legalmente in Italia".

LE CIFRE DI UN DRAMMA. Come si fanno a calcolare i numeri di un fenomeno clandestino? Con quali parametri? Da anni ormai nella relazione al parlamento sulla legge 194, si cita una stima di 15/20mila aborti illegali, un numero calcolato soltanto sul tasso di abortività delle donne italiane (6,9 per 1000) e sottostimato per stessa ammissione del ministero. Molti altri elementi però portano almeno al raddoppio di quella cifra, facendo salire la quota delle interruzioni di gravidanza clandestine a 40/50mila l'anno. Intanto paramentrando le stime dell'illegalità al tasso di abortività delle immigrate, che è di 26,4 interruzioni ogni mille donne, tre volte quello delle italiane. Analizzando poi i dati Istat ad esempio si vede con chiarezza quanto gli aborti spontanei sono aumentati, passando dai 55mila casi degli anni Ottanta, ai quasi ottantamila di oggi. E secondo molti studiosi questa impennata altro non è che il ritorno dell'aborto clandestino "mascherato", esattamente come avveniva prima della legge, quando le donne dopo aver tentato di "fare da sole" arrivavano in ospedale con emorragie e dolori, e i medici per salvarle completavano gli aborti, registrati come "spontanei".

SULLA PELLE DELLE MINORENNI. Lo spiega con chiarezza Franco Bonarini, docente di Demografia all'università di Padova nel saggio "Sessualità e riproduzione nell'Italia contemporanea". "L'incremento del rapporto tra aborti spontanei e gravidanze potrebbe essere conseguenza di un aumento del ricorso all'aborto volontario provocato illegalmente. Anche il più alto rischio per alcune categorie di donne, immigrate, non coniugate potrebbe essere indizio di questo fenomeno". Ancora più preciso il calcolo di Bruno Mozzanega, dell'università di Padova, che si ricollega al crescente "spaccio" di farmaci per interrompere la gravidanza. "Gli aborti clandestini sono ancora una realtà sottostimata in 20mila casi all'anno, ma ad essi si aggiungono, come segnala l'Istat, 73mila aborti spontanei, aumentati, rispetto al 1982, di 17mila casi all'anno. Un incremento medio del 30% che però nelle minorenni sfiora il 70%. Se questo surplus di aborti spontanei rappresentasse anche solo in parte gli insuccessi (5-10%) dei farmaci abortivi di contrabbando, ne emergerebbe un sommerso illegale di dimensioni inimmaginabili a carico soprattutto delle giovanissime, le stesse che già abusano della pillola del giorno dopo".

IL CALVARIO DI PIERA - "Ho tre figli, e la più piccola, Alice, è nata con la sindrome di down. Lo sapevo, l'ho voluta lo stesso. Poi è successo l'incredibile: a 44 anni sono rimasta incinta per la quarta volta. Mauro, Marco, Alice che assorbe ogni mio respiro. Non era possibile avere un altro bimbo, con il rischio di un nuovo handicap. Sono andata in un consultorio della mia città per iniziare le pratiche dell'aborto. Ho dovuto subire l'umiliante interrogatorio di alcuni volontari del Movimento per la Vita, lì collocati dalla direzione sanitaria, che per due settimane hanno cercato di farmi "riflettere", cercando di convincermi a non farlo, parlandomi apertamente di omicidio, mentre i termini stavano per scadere. Un vero abuso. Fuorilegge. Come se non soffrissi già abbastanza. Ho abortito in ospedale e poi ho denunciato il direttore della Asl...".

‪Civati‬ e ci rivati ... ‎essere‬ o non essere.

A che serve annunciare di votare contro il Governo Renzi, per poi votare a favore dicendo di volere con ció affermare di essere contro, per poi annunciare la costituzione di un gruppo autonomo con SEL e dissidenti 5 Stelle. Ma allora perchè hai votato a favore per non dovere uscire dal Pd se poi oggi ritorni "a coppa" che te ne vuoi andare?
Sarà sicuramente un mio limite, ma non capisco la consecutio di ciò che dici con quello che fai, e ne ignoro l'obiettivo collettivo cui si tende, ammesso che ci sia.

mercoledì 26 febbraio 2014

Negli anni '70 e '80 si sospendevano gli sfratti perchè lo Stato non ottemperava al diritto alla casa di molti. Oggi si dovrebbero sospendere le esecuzioni e le procedure fallimentari delle aziende esposte a default per mano armata (Equitalia ndr) dello Stato.
Renzi‬, e se sospendessi con decreto urgente le esecuzioni e i fallimenti a carico delle imprese creditrici della PA?
 

Trove le differenze...

Lo stile di chi ha vissuto per l'Italia e l'ha servita, difesa e governata.
E il ghigno di chi dell'Italia si è solo servito.

Addio Maestro...


martedì 25 febbraio 2014

Non esistono magie, ma solo prestigiatori...

Non credo nella Divina Provvidenza, nè nell'uomo della provvidenza. Solo un complessivo sforzo collettivo in cui ognuno di noi contribuisce a ricostruire un pezzo del nostro Paese senza chiedere nulla in cambio, può ridare la speranza di un futuro. Chi crede che la delega al Governo Renzi sia di per se sufficiente a cambiare verso, continua pericolosamente a sognare.

lunedì 24 febbraio 2014

Che senso ha annunciare decisioni che si sa a priori di non potere assumere?
Pontificare una cosa e farne un'altra?
Capisco che tenere barra e schiena dritta non é facile ed é molto costoso, perchè impone rinunce e marginalità, ma a furia di fare il contrario di quello che si dice si rischia di essere uguali agli altri venditori di aspirapolvere.
Nello specifico Civati non sbaglia a dare la fiducia al governo Renzi, ha sbagliato a non esercitare il suo ruolo di minoranza nel partito in modo chiaro e coerente su tutti il territorio nazionale, a non riconoscere che il congresso è finito, che Renzi è stato eletto segretario e che la direzione nazionale del PD ha approvato il suo cronoprogramma, compresa la sfiducia a Letta.
La minoranza di un partito, del resto, non si realizza votando contro il governo del proprio partito, ma lottando all'interno di questo per cambiarlo. Capisco che é una lotta titanica, direi senza speranze, ma il PD é questo. Da  D'Alema, a Prodi, Veltroni, Bersani, Letta e Renzi. Prendere o lasciare. Ma non si può prendere il posto in parlamento, nei consigli regionali e comunali, svolgere funzioni elettive e amministrative, in nome del PD, candidandosi nel PD, e poi sputandoci sopra, magari per finta, perchè poi altrimenti ci cacciano. Caso mai si va via, si esce, non ci fa togliere.
Ma andarsene impone la rinuncia alle cariche elettive e le dimissioni dai ruoli che si rivestano in nome del PD.
Così come in Calabria, giovani e anziani di questo partito non possono avallare l'asso piglia tutto ai congressi provinciali senza garantire alcun diritto di tribuna, salvo poi contestare con l'assenza dei delegati al congresso regionale, la legittimità di un segretario eletto dopo 4 anni di commissariamento, chiedendo un accordo di larghe intese.
In assemblea si va anche quando si è uno contro tutti, anche quando si sa di essere in minoranza, soprattutto quando si é minoranza.
Ma noi nel Pd siamo abituati a fare i "margiassi" quando vinciamo, anche truccando le carte e sapendo di essere stati beccati con le mani nel sacco. Ma facciamo le "vittime" di complotti quando anche altri, magari i vecchi amici di merenda, hanno imparato a vincere da soli allo stesso modo.
L'indignazione del resto non viaggia a corrente alternata e la libertà non é uno spazio libero. Liberta é partecipazione.


sabato 22 febbraio 2014

 E già, quando noi ci ammaliamo, a chi inoltriamo il certificato di malattia?

La lotta di Daniela per i diritti delle lavoratrici

I liberi professionisti che si ammalano di cancro non hanno tutele. Per questo Daniela Fregosi ha deciso di portare avanti una battaglia per tutte le donne, attraverso l'informazione, la disobbedienza fiscale e una petizione online.
 
Un tumore sconvolge l’esistenza e spesso anche il conto in banca. Per i lavoratori autonomi la situazione può diventare drammatica: anche nel caso di una malattia grave come il cancro, infatti, esistono pochissimi ammortizzatori sociali. Per portare questa situazione all’attenzione pubblica, una giovane donna, a pochissimi mesi dalla diagnosi di un tumore al seno, ha deciso di intraprendere una faticosa battaglia sociale. Si chiama Daniela Fregosi, una libera professionista nel settore della formazione aziendale. Da dicembre ha dato inizio alla sua disobbedienza fiscale e ora, insieme all’Acta, l’Associazione Consulenti del Terziario Avanzato, sta portando avanti una petizione online (che attualmente ha raggiunto quasi le 5 mila firme) affinché i lavoratori autonomi che si ammalano ricevano assistenza e abbiano maggiori tutele. L’abbiamo intervistata.



Daniela Fregosi, a cosa ha diritto un lavoratore autonomo?
“Un lavoratore autonomo, iscritto per legge alla Gestione separata dell’Inps, ha diritto a un massimo di 61 giorni di malattia in un intero anno solare e l’indennità è calcolata sulla base dei contributi degli ultimi anni. Io, nello specifico, ho avuto 13 euro al giorno compresi i festivi. Ma un ciclo di chemioterapia può durare anche sei mesi, senza contare le possibili complicazioni dell’intervento chirurgico, come è accaduto nel mio caso. Allora si può ‘sperare’ di stare talmente male da ridurre a meno di 1/3 la propria capacità lavorativa: in questo caso si ha diritto all’assegno ordinario di invalidità – un assegno temporaneo che dà diritto a cifre comunque molto basse – o in alcuni casi all’invalidità civile. Anche qui, però, c’è la magagna: l’importo dell’aiuto economico viene stabilito sulla base del reddito dell’anno precedente a quello della malattia, e le soglie di riferimento sono bassissime. Fino a poco tempo fa lo sbarramento della percentuale di invalidità per ottenere aiuti economici era il 67%, ,ma ora è al 74%. Con un’invalidità civile dal 74% al 99%, per l’anno 2013 il limite di reddito per accedere al contributo è pari a 4.738,63 euro: una cifra ridicola per un lavoratore autonomo; con un’invalidità del 100% è invece di 16.127,30”.

E per la degenza ospedaliera?
“Noi lavoratori autonomi abbiamo diritto all’indennità di degenza ospedaliera. Peccato che nessuno lo sappia: non ne sono a conoscenza neanche i medici. Non dico che debbano spiegarci le leggi, ma credo che dovrebbero almeno sapere che questa possibilità esiste e suggerire ai pazienti di informarsi, così come dicono ai lavoratori dipendenti che esiste la legge 104. Altrimenti si rischia di scoprire di avere un diritto quando ormai i termini per richiederlo sono scaduti. Il certificato di degenza infatti deve essere trasmesso entro 180 giorni, calcolati dal giorno successivo alla fine del ricovero. E c’è un altro motivo per avere fretta: il rimborso viene stabilito non in base ai mesi totali di contributi versati, ma sulla situazione contribuiva dell’ultimo periodo: e cioè nei 3 mesi di contribuzioni accreditate nei 12 mesi che precedono l’inizio della malattia. Se a causa della malattia una persona non ha potuto lavorare e risultano pochi versamenti, non ha più diritto a nulla."

È stato difficile reperire queste informazioni?
“Dopo la scoperta del cancro ho cominciato a chiedere ai medici e al mio commercialista, ma nessuno sapeva nulla. Sono cominciate le lunghe file ai patronati, le attese con gli operatori del call center dell’Insp, che ne sapevano meno di me. Alla fine sono stata io a dover spiegare loro l’ultima circolare del maggio 2013 riguardante i lavoratori autonomi a gestione separata, che riguarda l’estensione del diritto alla indennità giornaliera di malattia e all’indennità per congedo parentale ai lavoratori iscritti alla Gestione separata. Mi hanno ringraziata per l’informazione. Insomma, meno male che me la cavo con internet, ma è stato molto faticoso affrontare anche questo, oltre alla diagnosi e alla chemioterapia. Ai malati dovrebbe essere sempre garantito l’accesso a tutte le informazioni. Sono stata contattata dall’Aimac, l’Associazione italiana malati di cancro, per lavorare insieme all’aggiornamento del loro opuscolo sui diritti, che ad oggi non riporta informazioni per i liberi professionisti”. 

Cosa chiedete con la petizione?
“Abbiamo inserito quelle che riteniamo le mancanze più gravi e che rasentano l’incostituzionalità, perché si fa una discriminazione tra i lavoratori. La protesta è questa: a parità di pagamento di tasse, e con un’aliquota Inps comunque alta, i lavoratori autonomi non hanno ammortizzatori sociali. Non si può salassare un contribuente per anni e poi, nel momento in cui diventa un paziente oncologico, trattarlo come se la sua vita professionale non fosse stata stravolta. Ci si aspetta che i liberi professionisti abbiano un’assicurazione privata, ma in molti non riescono più a sostenerne i costi. Si ricordi infatti, che anche per noi l’Inps è obbligatoria, e che negli anni l’aliquota è molto cresciuta: la mia attualmente è 27,72% e la vogliono portare al 33%. Personalmente ho una assicurazione malattia minima, che ha coperto solo i 5 giorni di mastectomia, altro non mi posso permettere con le tasse così alte”. 

In cosa consiste la sua disobbedienza fiscale e quali conseguenze si aspetta?
“Ho deciso di compiere un atto concreto, rifiutandomi di pagare l’acconto Inps arrivato lo scorso dicembre. Si tratta di circa 3.000 euro. Ora mi aspetto di ricevere una lettera formale di sollecito, alla quale intendo rispondere in maniera altrettanto formale, denunciando quello che ritengo un fatto vergognoso: chiedere un contributo a un paziente oncologico che a causa della malattia non sta lavorando. Io intendo pagare, ma il giusto: mi aspetto di poter saldare a consuntivo, in base al reale guadagno dell’anno in corso. Questa è una delle richieste della petizione: almeno dilazioniamo e alleggeriamo la tassazione”.

Quali ripercussioni potrebbe avere il suo gesto?
“Nelle mie ricerche ho scoperto che rifiutarsi di pagare le tasse ha conseguenze meno gravi di quelle che si possono immaginare. La cosa veramente grave è non dichiarare tutto quello che si è lavorato. Ma se si fa la dichiarazione e poi si ha difficoltà nei pagamenti, passa molto tempo prima che vengano richiesti. È importante che questo si sappia: conosco donne che sono in dubbio tra il pagare le tasse o le cure”.

La stanno contattando molte persone?
“Sì e devo dire che è faticoso, ma lo scambio è sempre molto bello. Io ho deciso di metterci la faccia, ma capisco chi non lo fa, perché un libero professionista che si ammala di cancro si brucia il mercato. Per quanto mi riguarda, spero che quello che mi è capitato possa rappresentare anche un’occasione per innescare il cambiamento verso una maggiore tutela dei diritti e difesa della giustizia. Come scriveva Tiziano Terzani prima di morire, un tumore ti concede una sorta di free pass, una carta premio con la quale puoi permetterti di dire e fare cose altrimenti impensabili”.
"... non sei riuscita a cambiarmi, non ti ho cambiata lo sai... sono riusciti a cambiarci, ci son riusciti lo sai... continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?"
Buonanotte e buon fine settimana a tutti... habemus Governo e ministri, dalle Coop a CL, dall'Opus Dei ai catecumenali, dalla Massoneria ai banchieri, alla Confindustria, alla Bce, ai sindacati... tutti felici e contenti.
Per un Governo laico del resto c'é sempre tempo e speranza. Notte, notte.



venerdì 21 febbraio 2014

Caro ‪Mentana, non esistono i sindaci antimafia, come non esistono i magistrati o i giornalisti o i cittadini antimafia.
Esistono i Sindaci, i Magistrati, i Giornalisti, i Cittadini.
Tutto il resto è Mafia!

Ministero per gli Affari Regionali è Maria Carmela Lanzetta.
Una calabrese, già nominata in quota civati nella direzione nazionale del PD, Ministro della Repubblica Italiana.

Wow! Adesso che farà Civati?


Vorrei che Gratteri continuasse a fare il suo mestiere.
Scusatemi se sono in controtendenza, ma i Magistrati come lui sono il cuore pulsante del potere Giudiziario, che non dovrebbe mai confondersi con quello Esecutivo e con quello Legislativo.



Che barba, che noia... che barba, che noia...

Le primarie del PD calabrese sono da sempre  causa di maggiori attriti  e di più profonde divisioni,  rispetto a quelle che si volevano/potevano  risolvere  e superare, facendole. Del resto come il cancro non si cura con l'acqua di Lourdes, la democrazia non si difende con primarie muscolari, con pacchetti di tessere, con clientes, con bande che contrastano bande, con ricorsi e azioni giudiziarie, con guerre personali.  E così  tra una guerra ed un'altra svanisce l'esigenza della Politica,   il dovere di chi si candida di dire qual è il suo progetto piuttosto di indicare chi è il suo nemico, la curiosità del cittadino  di conoscere l'idea di Regione che sposa  votando tizio piuttosto che caio. Primarie imperfette, quindi,  e con tante zone grigie, che  non garantiscono nessuno, neanche chi vince. Ma funzionali ad un sistema di oligarchia consolidata che sopravvive a tutte le stagioni e che trova sempre un tavolo utile per accordarsi, cartina di tornasole per tenere nel gruppo anche le anime belle di quanti pensano di poter  concorrere ad una competizione aperta,  leale e contendibile e invece legittimano soltanto una corsa alterata in cui il nome del vincitore è già scritto, perché frutto di un accordo spartitorio che include e accontenta tutti quelli che non hanno alcuna difficoltà a sporcarsi le mani. Il Pd è anche  questo, prendere o lasciare.


giovedì 20 febbraio 2014

Che tristezza vedere il talento e la vita scorrere intorno a labbra botulinate e zigomi rimpolpati.