lunedì 19 maggio 2014

È una vita che qui è più facile essere illegale che cittadino

E' una vita che nell'agricoltura  calabrese, e non solo in Calabria, chi lavora non è quasi mai assunto e chi è assunto quasi mai ha lavorato.
E' una vita che su questi imbrogli si sono arricchiti molti titolari di aziende, che finti braccianti agricoli hanno percepito indennità di disoccupazione, di gravidanza, indennità di malattie e pensioni non spettanti.
E' una vita che molti pseudo-sindacati datoriali e dei lavoratori tutelano questi intutelabili e si fanno pagare la loro complicità, spesso anche con il ricatto.
E' una vita che molti medici certificano malattie inesistenti per consentire ai finti lavoratori di percepire quel montepremi annuo d'indennità di malattia e per garantirsi il paziente nel proprio elenco di assistiti.
E' una vita che quelli che lavorano in agricoltura, prima le donne di Calabria adesso i nordafricani, sono privi di ogni tutela sindacale, di ogni assistenza sanitaria, di ogni diritto o indennità di disoccupazione.
E' una vita che in Italia l'economia si muove secondo i canoni dell'imbroglio e dell'illegalità e che il debito pubblico e il malcostume sia capillare, talmente tanto diffuso, che sembra sia normale ai più.
E' una vita che in Italia l'economia illegale "tira" più di quella legale.
E' una vita che in Italia è più facile essere illegale che cittadino.



http://www.ansa.it/calabria/notizie/2014/05/19/truffa-da-13-mln-a-inps-3000-denunciati_5d3e2a19-f6a2-4044-b665-d661e03e1003.html
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